Perchè spaccarsi la testa?

La riforma più semplice

Ora che la riforma del Senato è praticamente cosa fatta, tutti gli esperti di diritto costituzionale si sono messi a scrivere disperati di quali incredibili cambiamenti saranno prodotti nell’ordinamento, i giudici costituzionali, ad esempio, come saranno eletti? ed il Capo dello Stato? E via via disaminano tutte le possibili ed infinite apprensioni per il cambiamento. Dottissime ed interessantissime questioni che pure prescindono dalla principale, ovvero che la Costituzione è già caduta loro addosso e si è sfasciata interamente. Non abbiamo mai capito la presunzione che vige dal 2000 a questa parte di prendere qualche singolo articolo della Carta e di pensare di aggiornarlo. Non che la Costituzione non sia riformabile, ma la potevano riformare i partiti che l’avevano estesa nel 1948, perché se quei partiti sono scomparsi o sono ridotti a vivere come carbonari, la costituzione va riscritta d’accapo. È vero che in parlamento c’è ancora un partito socialista e in quanto tale continuatore, immaginiamo, del partito socialista italiana di Pietro Nenni, solo che la sua autonomia elettorale è molto limitata e visto che parliamo per esperienza, temiamo possa esserlo anche la sua riflessione sulla materia. In ogni caso, il solo partito socialista, nelle condizioni attuali, non può certo rappresentare un intero arco di forze che si è dissolto integralmente in Parlamento o nel Paese. Per questo volendo riprendere la costituzione nel momento le quale le forze politiche che l’avevano estesa non sono più, occorreva una riscrittura integrale del testo e una seconda assemblea costituente. Convinti di questo assunto e delle conseguenze radicali che comporta, abbiamo il dubbio che si riesca ad arrivare ad una riforma convincente, piuttosto che impantanarsi in tentativi riformatori destinati ad inciampare immediatamente. Qualunque prossima maggioranza diversa dall’attuale si sentirà autorizzata a scrivere e riscrivere in materia quello che le pare, perché senza aver mai promosso una costituente vera e propria, ogni parlamento nuovo di zecca sente addosso la responsabilità e la necessità della riforma. La particolarità infausta è che proprio questo parlamento riformatore è stato proclamato sulla base di una legge giudicata incostituzionale e cosi siamo all’aporia per cui è l’incostituzionale a riformare la costituzione. Verrebbe da chiedersi perfino della serietà della situazione. Nel merito, quasi questo contasse qualcosa, abolire il senato è una opzione perfettamente democratica che non avrebbe ragione di scatenare tanto scompiglio se non fosse che una costituzione costituita sul bicameralismo perde senso, significato ed equilibrio abolendo o limitando le competenze di una delle due camere. Insomma era meglio buttarla la costituzione e scriverla daccapo e se non si sa scrivere, come è sempre più ovvio, farne del tutto a meno. Anche perché nel momento nel quale si sopprime una camera per tenerne un’altra, che è già diventata da anni una cassa di risonanza del governo - un modello costituzionale presume una legge elettorale congrua - e con la prossima legge elettorale, rischia di diventare ancora più uniforme all'esecutivo, per cui a che serve la sola camera rimasta? Basta il governo. E visto le mezze figure che circolano nel governo quando si ha un leader capace e brillante, chiediamoci a che serve anche il governo? Basta il premier. Pensate come si poteva riscrivere facilmente la carta costituzionale e senza tanti alambicchi, un solo articolo di poche parole. “L’italia è una Repubblica dove il potere lo detiene Matteo Renzi”.

Roma, 7 ottobre 2015